giovedì 25 ottobre 2012

La Strada del vino dei Castelli romani





I Castelli Romani debbono la loro denominazione alla presenza, in ognuno di essi, di almeno una residenza nobiliare. Anche se, nelle vicende storiche, alcune di esse sono state distrutte, comunque testimoniano l’origine feudale della zona.


La viticoltura ebbe progressiva espansione con le assegnazioni periodiche di terreni ai reduci delle guerre, ad iniziare dai partecipanti alla battaglia di Lepanto sino agli ex combattenti della “Grande Guerra” 1915-1918. Gli assegnatari, disponendo di piccoli appezzamenti di terreno, li investirono per produzioni destinate in parte all’autoconsumo e in parte, più intensive, al mercato locale.


La coltivazione dei vigneti nei Castelli Romani, pur provenendo da un’antica tradizione, ebbe grande sviluppo con l’espansione edilizia di Roma, poiché sparirono, progressivamente, tutte le vigne che in epoca pontificia esistevano anche entro la stessa città, ove erano famosi, per la pregevolezza del prodotto che ne derivava, i cosiddetti terreni casalini con vigneti impiantati sui ruderi delle case.


Con il tempo l’agricoltura dei Castelli Romani, famosa anche per le produzioni ortofrutticole, quali i broccoli di Albano, le pesche di Castelgandolfo, i cavoli e i carciofi di Velletri, si andò specializzando nella coltivazione delle viti; in un primo periodo coesisterono sia quelle da vino che quella da tavola, della cui importanza rimane traccia nel grandioso pergolato sull’Appia Nuova in località ancora denominata Uva di Roma. Successivamente, la viticoltura preferì rivolgersi quasi esclusivamente alla produzione di uva da vino in vigneti specializzati.






I vigneti dei Castelli Romani si estendono dalle ultime pendici delle zone pedemontane e risalgono i versanti dei colli sino a dove la loro giacitura consente la lavorazione meccanizzata del terreno.


Le zone scoscese e di più elevata altimetria sono investite ad oliveti così da formare una cornice di verde argentato nella zona soprastante i vigneti.


Nella fascia altimetrica ancora superiore, i colli che rasentano l’altitudine propria della montagna, sono investiti a castagneti. Si tratta di boschi impiantati dai Papi per sopperire alle esigenze alimentari delle popolazioni che, in montagna, non potevano usufruire dei frutti della coltivazione dei campi. Nel tempo i castagni da frutto sono stati in gran parte sostituiti in castagni da legname.


L’attuale assortimento delle varietà di vitigni utilizzate, è il frutto del lunghissimo e tenace lavoro di una speciale commissione che, alla fine del secolo scorso e inizi del ‘900, a seguito della distruzione dei vigneti per l’infestazione della fillossera, riordinò tutti i vitigni locali, definendone le caratteristiche.


Esistevano, infatti, varietà di vitigni che acquisivano diverse denominazioni a seconda del posto ove venivano coltivati e diverso era anche il loro metodo di allevamento. Il più diffuso era la “conocchia” costituita da 6 canne legate a metà altezza, sulle quali si sosteneva la vegetazione dei ceppi delle viti poste al centro di tale armatura.


I vitigni locali avevano diverse denominazioni, tra le quali: romano, pecorino, fil di ferro, procanico, francese ed altri ancora.




L’assortimento dei vitigni bianchi – di gran lunga i più diffusi - non era casuale, ma scelto in modo che i caratteri di ciascuno di essi si integrassero con quelli dell’altro nella produzione di vini particolarmente armonici, freschi e delicati. Così la Malvasia di Candia - certamente importata dai soldati che presero parte, al seguito di Marcantonio Colonna, alla battaglia di Lepanto - ha il dono di fornire un abbondante raccolto ed un vino con retrogusto mandorlato, mentre la Malvasia nostrale, o del Lazio o puntinata, pur conferendo un finissimo carattere aromatico al vino, non ha abbondante fruttificazione. Il Trebbiano toscano fu scelto perché dà una produzione delicata anche se abbondante e svolge la funzione di amalgamare gli aromi delle altre varietà. Il Trebbiano giallo, anche denominato Greco o Grechetto, ha una produzione molto limitata ma particolarmente delicata e rilascia aromi importanti per la piacevolezza del “bouquet”. Il Trebbiano verde conferisce serbevolezza ai vini e li caratterizza con il tipico profumo dei fiori dell’uva. Il Bellone e il Cacchione forniscono un’abbondante quantità di mosto. Il Bonvino o Bombino bianco veniva impiantato perché poteva essere anche utilizzato come uva da tavola e, se vinificato, fornisce, tuttora, il carattere di finezza ed armonicità, nonché un buon corpo.


Successivamente, questo assortimento a seconda dei vari ambienti e dei vari produttori è stato limitato soltanto ad alcuni vitigni. Ora vi sono due tendenze: l’una per il recupero dell’assortimento integrale delle varietà originali e l’altra per la introduzione di vitigni migliorativi o particolarmente richiesti dal mercato.




I vitigni rossi più presenti, sono: il Cesanese comune, che conferisce al vino un inconfondibile carattere di amabilità; il Merlot, che dà il sapore di fruttato ed è aromatico; il Montepulciano, che fornisce il corpo, il Nero Buono, o Nero di Cori, prezioso per la intensa colorazione che apporta al vino unitamente ad una gradevole delicatezza; il Sangiovese, molto adatto per assicurare un’abbondante produzione e l’attitudine all’invecchiamento, accentua l’odore ed il sapore di fruttato nel vino che ne deriva. Complementare a tali vitigni è, tra gli altri, ilCerasuolo, con l’inconfondibile sapore di frutta simile a quello della ciliegia.


Così, accanto ai vini DOC, di prima istituzione, con gli assortimenti previsti dai relativi disciplinari, ogni produttore immette sul mercato anche prodotti con la DOC generica “Castelli Romani”, di recente istituzione, e vini da tavola ora detti a indicazione geografica tipica (IGT) per soddisfare tutte le richieste degli acquirenti. Spesso queste ultime produzioni, raggiungono un alto livello qualitativo.




 




Quasi tutti i Castelli Romani sovrastano il cerchio esterno del grande cratere vulcanico dei Colli Tuscolani, poi dei Colli Albani sino al Monte Artemi-sio (925 m. s.l.m.) per risalire al Maschio Lariano (821 m. s.l.m.) e quindi al Monte Salomone (773 m. s.l.m.) a Nord e ricongiungersi, infine, ai Colli Tuscolani. Il piccolo cerchio interno è costituito dal Monte Cavo (949 m. s.l.m.) e dal Monte Faete (956 m. s.l.m.).


Provenendo da Roma, tutta la zona è dominata dal Monte Cavo, con il suo profilo tipico per la vetta pianeggiante. Sembra essere il vulcano centrale, mentre è soltanto il deposito dei detriti accumulati dalle eruzioni dei crateri principali, che sono il Lago di Albano, quello di Nemi e quelli ora bonificati di Ariccia e Pavona.


Tutti i terreni circostanti sono, quindi, di origine vulcanica su colate laviche di diversa consi-stenza; anche i pochi terreni alluvionali sono di provenienza vulcanica, pertanto sono tutti privi di calcio e ricchi di potassio, elemento molto utile per la elaborazione degli zuccheri. In definitiva, sono terreni che, anche per la loro giacitura, eliminano molto bene le acque. Beninteso, a condizione che la roccia vulcanica incoerente, spesso affiorante o presente a circa un metro di profondità sia stata bonificata portandola in superficie, ove, esposta agli agenti atmosferici, si sbriciola in ottimo terreno nell'arco di circa due anni.


La piovosità media annua è generalmente compresa tra i 750 ed i 1.000 millimetri delle zone litoranee ed i 1.250 di quelle collinari, più interessate alla viticoltura, per arrivare ai 1.500 mm. delle zone montane, investite però a boschi. La frequenza è primaverile ed autunnale, per cui anche durante la stagione estiva si praticano frequenti lavorazioni superficiali del terreno per assicurare la conservazione delle acque profonde.


Si effettuano anche arricchimenti dei terreni, poveri di humus, con la pratica del sovescio, consistente nell’interrare, a primavera, la vegetazione di leguminose, tra le quali prevalente il “favino” che ha la facoltà di fissare l’azoto atmosferico nelle radici e di produrre una abbondante massa vegetale disponibile per la sua decomposizione nel terreno, fertilizzandolo ed aumentando la capacità di trattenere l’umidità.


Il vino “Castelli Romani” D.O.C. è stato l’ultimo, in ordine di tempo, ad essere riconosciuto. Tale D.O.C. si sovrappone alle altre presenti nel territorio per favorire molti produttori che offrono vini da monovitigno – generalmente: Malvasia puntinata, detta anche del Lazio, o Greco – per soddisfare tutte le più varie esigenze dei consumatori; oppure che in zone ove è tutelata la sola produzione del bianco, producono anche vini rossi in piccole pregevoli quantità. Ora, con la D.O.C. Castelli Romani, anche i rossi con gli apprezzati novelli sono tutelati e così i rosati da essi derivati che hanno molti estimatori.


Il territorio di produzione: vi sono zone limitrofe ai Castelli Romani di espansione per i viticoltori delle zone già tutelate dalle varie D.O.C., ove ricorrono condizioni ambientali eguali o molto simili. Gli agricoltori del posto hanno una cultura agronomica ed enologica pari a quella dei loro amici “castellani”. Tali zone, date le premesse ambientali e colturali, sono state incluse nel territorio della più vasta D.O.C. “Castelli Romani”.


Pertanto il territorio con denominazione generica “Castelli Romani” comprende anche i territori di Rocca di Papa e Rocca Priora, a pieno titolo Castelli Romani, i comuni di Ciampino e Lariano, recentemente scorporati dal vecchio territorio di Marino e Velletri e quindi, sin da allora, riconosciuti nelle relative zone a D.O.C. Similmente, i territori di Zagarolo e San Cesareo, già riconosciuti nella D.O.C. Zagarolo. Invece, per le ricorrenti condizioni geografiche ed umane, sono stati inclusi i territori.


VINI:

COLLI ALBANI

D.P.R. 6 agosto 1970 e seguenti
· tipologia:
Esclusivamente bianco
Si propone come normale, superiore, novello e spumante.
· zona:
Ariccia, Albano Laziale.
In parte: Roma, Pomezia, Ardea, Castelgandolfo, Lanuvio.
· vitigni:
Malvasia bianca di Candia, fino ad un massimo del 60%.
Trebbiano toscano, Trebbiano romagnolo, Trebbiano giallo e Trebbiano di Soave, da soli o congiuntamente, dal 25 al 50%. Malvasia del Lazio, dal 5 al 45%.
Possono concorrere alla produzione anche le uve delle varietà di vitigni bianchi raccomandati o autorizzati per la provincia di Roma, fino al massimo del 10%, con l'esclusione della varietà Moscato.
caratteristiche:
· colore:
dal giallo paglierino al paglierino scarico.
· odore:
vinoso e delicato.
· sapore:
caratteristico, fruttato; relativamente agli zuccheri residui può essere secco, abboccato o amabile, dolce.
· alcool:
per il normale: minimo 10,50%.
per il superiore: minimo 11,50%.
Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all'interno della zona di produzione.

COLLI LANUVINI

D.P.R. 8 febbraio 1971 e seguenti
· tipologia:
Esclusivamente bianco
Si producono il normale ed il superiore.
· zona:
Genzano.
In parte: Lanuvio.
· vitigni:
Malvasia bianca di Candia e puntinata, fino ad un massimo del 70%.
Trebbiano (toscano, verde e giallo), in misura non inferiore al 30%.
Possono concorrere alla produzione anche le uve bianche delle varietà di altri vitigni raccomandati e/o autorizzati per la provincia di Roma, per non pi del 10%.
caratteristiche:
· colore:
giallo paglierino più o meno intenso.
· odore:
vinoso, delicato e gradevole.
· sapore:
sapido di giusto corpo armonico, vellutato; relativamente agli zuccheri residui può essere secco o amabile.
· alcool:
per il normale: minimo 11%.
per il superiore: minimo 12%.
Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all'interno della zona di produzione.


FRASCATI

D.P.R. 3 marzo 1966 e seguenti
· tipologia:
Esclusivamente bianco
Si producono il normale, il superiore, il novello, lo spumante ed il cannellino.
· zona:
Frascati, Grottaferrata, Monte Porzio Catone.
In parte: Roma, Montecompatri.
· vitigni:
Malvasia bianca di Candia e Trebbiano toscano, da soli o con-giuntamente, in misura non inferiore al 70%.
Possono concorrere alla produzione Greco e Malvasia del La-zio, fino ad un massimo del 30%.
In tale ambito le altre varietà di vitigni a frutto bianco raccomandati o autorizzati per la provincia di Roma, da soli o congiuntamente, fino al massimo del 10%.
Sono esclusi altri vitigni aromatici.
caratteristiche:
· colore:
paglierino più o meno intenso.
· odore:
per il normale: vinoso, con profumo caratteristico delicato.
per il novello: vinoso intenso, fruttato che ricorda lÕuva ammostata.
per lo spumante: vinoso, etereo e delicato con un leggero profumo caratteristico.
· sapore:
nel normale: sapido, morbido, fine, vellutato e, relativamente agli zuccheri residui, pu˜ essere secco o asciutto; amabile; dolce o cannellino.
nel novello: sapido, morbido, leggermente acidulo, talvolta vivace.
nello spumante: sapido, vivace ed armonico.
· alcool:
per il normale: minimo 11%.
per il superiore: minimo 11,50%.
per il novello: minimo 10,50%.
per lo spumante: minimo 11,50 %.
per lo spumante:
· spuma:
vivace.
· perlage:
fine, persistente.
La vinificazione e l'imbottigliamento debbono essere effettuati all'interno della zona di produzione. Quest'ultima disposizione è in corso di progressiva attuazione.



MARINO
D.P.R. 6 agosto 1970 e seguenti
· tipologia:
Esclusivamente bianco
Si producono il normale, il superiore e lo spumante.
· zona:
Marino (e l'attuale Ciampino).
In parte: Roma e Castelgandolfo.
· vitigni:
Malvasia bianca di Candia, fino ad un massimo del 60%.
Trebbiano toscano, Trebbiano romagnolo, Trebbiano giallo e Trebbiano di Soave, da soli o congiuntamente, dal 25 al 55%. Malvasia del Lazio, dal 5 al 45%.
Possono concorrere alla produzione anche le uve delle varietà di vitigni bianchi raccomandati o autorizzati per la provincia di Roma, fino al massimo del 10%, con lÕesclusione della varietà Moscato.
caratteristiche:
· colore:
dal giallo paglierino al paglierino scarico.
· odore:
vinoso e delicato.
· sapore:
caratteristico fruttato; relativamente agli zuccheri residui può essere secco o abboccato o amabile, dolce.
· alcool:
per il normale: minimo 11%.
per il superiore: minimo 11,50%.
le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all'interno della zona di produzione.


MONTECOMPATRI-COLONNA o MONTECOMPATRI o COLONNA

D.P.R. 29 maggio 1973 e seguenti
· tipologia:
Esclusivamente bianco; normale, superiore e frizzante (amabile o dolce).
Si propone come normale, superiore, novello e spumante.
· zona:
Colonna.
In parte: Montecompatri, Zagarolo e Rocca Priora.
· vitigni:
Malvasia di Candia e Malvasia puntinata, fino ad un massimo del 70%.
Trebbiano toscano, Trebbiano verde e Trebbiano giallo, in misura non inferiore al 30%.
Possono concorrere alla produzione anche le uve bianche delle varietà Bellone e Bonvino, fino ad un massimo del 10%.
caratteristiche:
· colore:
paglierino più o meno intenso.
· odore:
vinoso, delicato, gradevole.
· sapore:
caratteristico armonico; relativamente agli zuccheri residui può essere secco o asciutto, amabile o dolce.
· alcool:
per il normale: minimo 11%.
per il superiore: minimo 11,50%.
Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all'interno della zona di produzione.



VELLETRI - BIANCO

D.P.R. 31 marzo 1972 e seguenti
· tipologia:
bianco, normale e superiore, spumante.
Si propone come normale, superiore, novello e spumante.
· zona:
Velletri, Lariano.
In parte: Cisterna di Latina.
· vitigni:
Malvasia bianca di Candia e Malvasia puntinata, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 70%.
Trebbiano toscano, Trebbiano verde e Trebbiano giallo, in misura non inferiore al 30%.
Possono concorrere alla produzione, da sole o congiuntamente, anche le uve delle varietà Bellone e Bonvino, fino ad un massimo del 10%.
caratteristiche:
· colore:
paglierino più o meno intenso.
· odore:
vinoso, gradevole, delicato.
· sapore:
di giusto corpo, armonico e vellutato; relativamente agli zuccheri residui può essere secco, amabile o dolce (tipologia esclusa per lo spumante).
· alcool:
per il normale: minimo 11%.
per il superiore: minimo 11,50%.
per lo spumante: minimo 11%.


Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all'interno della zona di produzione.


VELLETRI - ROSSO
D.P.R. 31 marzo 1972 e seguenti

· tipologia:
rosso, normale e riserva.
· zona:
Velletri, Lariano.
In parte: Cisterna di Latina.
· vitigni:
Sangiovese dal 30% al 45%.
Montepulciano dal 30% al 40%.
Cesanese comune e/o Cesanese di Affile non inferiore al 15%.
Possono concorrere alla produzione, da sole o congiuntamente, anche le uve delle varietà Bombino Nero, Merlot e Ciliegiolo, fino ad un massimo del 10%.

caratteristiche:
· colore:
rubino più o meno intenso, tendente al granato per il tipo Riserva.
· odore:
vinoso intenso, profumo etereo per il tipo invecchiato.
· sapore:
secco o amabile; vellutato, armonico, giustamente tannico.
· alcool:
per il normale: minimo 11,50%.
per il riserva: minimo 12,50%.
Inoltre nel Riserva si richiede un invecchiamento minimo di 2 anni.


Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all'interno della zona di produzione.


ZAGAROLO


D.P.R. 29 maggio 1973


· tipologia:
esclusivamente bianco, normale e superiore.
Si propone come normale, superiore, novello e spumante.
· zona:
Gallicano.
In parte: Zagarolo (e l'attuale San Cesareo).
· vitigni:
Malvasia (bianca di Candia e puntinata), fino ad un massimo del 70%.
Trebbiano (toscano, verde e giallo), in misura non inferiore al 30%.
Possono concorrere alla produzione anche le uve bianche delle varietà Bellone e Bonvino, fino ad un massimo del 10%.

caratteristiche:

· colore:
giallo paglierino pi o meno intenso.
· odore:
vinoso, delicato e gradevole.
· sapore:
morbido, caratteristico, armonico; relativamente agli zuccheri residui può essere: secco o amabile.
· alcool:
per il normale: minimo 11,50%.
per il superiore: minimo 12,50%.


Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all'interno della zona di produzione

UVE:

Bellone

Uva bianca, caratteristica del Lazio, soprattutto nella provincia di Roma.
Ha molti sinonimi fra cui Cacchione, Pampanaro, Bellobuono, Uva Pane, Zinnavacca, Arciprete, Pacioccone.
Ha foglia grande, pentagonale e pentalobata; grappolo medio-grande, conico-cilindrico, a volte con un'ala, semiserrato o serrato; acino medio, rotondo con buccia spessa, di colore giallastro con screziature marroni, con buona presenza di pruina, polpa sciolta a sapore semplice.
Pianta di elevata vigoria e di abbondante produzione anche se non sempre costante e di buona resistenza alle avversità e agli attacchi crittogamici.
Produce notevoli quantità di mosto ed è senz'altro da considerare un vitigno fortemente autoctono della zona dei Castelli Romani e di grande interesse per una viticoltura di qualità e di grande tipicità. La notevole attitudine alla produzione ne consiglia la coltivazione in terreni freschi e fertili e un sistema di potatura ricca per valorizzare la sua attitudine.

Mediamente il grappolo presenta le seguenti caratteristiche:
· peso medio gr. 375
· peso di 100 acini gr. 306
· percentuale dei raspi 3,16%
· percentuale degli acini 96,84%


Bonvino Bianco

È un vitigno che va senz'altro inserito tra quelli in grado di conferire delle caratteristiche tipiche al vino. Coltivato anticamente come vitigno a duplice attitudine (vino da tavola) conferisce al vino corpo e armoniosità. Pianta di media vigoria vegetativa, presenta una produttività abbondante. Conosciuto anche con il nome di "Ottonese" nella zona di Tivoli.
Una delle uve bianche più diffuse in Italia meridionale, in particolare in Puglia, ma anche in Emilia Romagna, Lazio, Marche e Abruzzo, dove viene chiamata Trebbiano d'Abruzzo. Fra i suoi sinonimi, Pagadebit e Straccia Cambialeutilizzati in Emilia Romagna, alludono alla sua convenienza, in quanto è un vitigno di elevata produttività. Ha foglia di media grandezza, tri-pentalobata, grappolo medio-grande, conico o cilindrico-conico, spesso alato, semi spargolo; l'acino è medio-grande, rotondo, con buccia spessa e consistente, di colore giallo-verdolino, con macchie marroni. Se utilizzata con alte produzioni, dà vini neutri e assai poco interessati, ma con basse rese e vinificazioni accurate, può dare vini di spessore e lunga durata. Il Bonvino bianco si sta molto diffondendo per la qualità di serbevolezza del prodotto che, in ambienti adatti, si riesce a conservare ad una buon grado di maturità fino anche a tutto Novembre.
È un vitigno che presenta una buona resistenza alle avversità e agli attacchi crittogamici, preferisce una potatura corta.

Caratteristiche medie del grappolo:
· peso gr. 323
· percentuale di raspi 4,28%
· percentuale degli acini 95,72%
· peso di cento acini gr. 282


Cesanese comune

Con il termine Cesanese, non si deve intendere "proveniente da Cesena" bensì "proveniente da Cesano" che é una località vicino Roma; trattasi di un vitigno sicuramente importante per la produzione vitivinicola del Lazio. Gli studiosi ipotizzano che questo vitigno appartenga al gruppo delle "Alveoli" citate da Plinio come fonti di copiose produzioni di vino rosso nella zona di Ariccia.
Fino ad alcuni anni fa presentava una notevole diffusione nell'area dei Castelli, unico vitigno rosso coltivato, era molto apprezzato dal consumatore locale. Una certa sensibilità alla peronospora e una accresciuta tendenza del mercato verso i vini bianchi ne ha ridotto la presenza sul territorio. Il vitigno Cesanese è comunque presente in ben 49 vini laziali.
Possiamo distinguere e citare due diverse tipologie di vitigni identificabili come Cesanese: il Cesanese comune e una sua sotto varietà che prende il nome diCesanese di Affile molto diffuso nel territorio di Piglio, Olevano Romano e di Affile. I due vitigni differiscono in maniera sensibile sia nei caratteri ampelografici che nella qualità delle produzioni.

Il Cesanese coltivato nei Castelli Romani, è diffuso nei territori di Velletri, Lanuvio e Marino e può essere così descritto: Vitigno a bacca nera detto ancheNero Ferrigno, foglia pentagonale di media grandezza. Il grappolo di media grandezza, cilindro-conico, alcune volte alato, serrato o semi-serrato per leggera colatura; acino di media grandezza, ovale o sub-ovale, regolare, buccia spessa, consistente, colore nero-violaceo, molto pruinosa.
Ha una fioritura tardiva, vigoria vegetativa media, produttività media e tendenzialmente costante.
Il Cesanese di Affile ha un portamento meno vigoroso , grappoli decisamente più piccoli.



Malvasia nostrale, o del Lazio o puntinata

È un vitigno molto antico, diffusissimo nell'area dei Castelli Romani è stato oggetto di un progressivo abbandono dovuto alla sua non abbondante fruttificazione.
Le caratteristiche vinificatorie di questo vitigno ne fatto un notevole strumento di tipicità, conferisce al vino un colore giallo oro e utilizzato in miscela con altre varietà tende a conferire un sapore rotondo al vino eliminando le possibili asperità.
Deve essere considerato un vitigno bianco di grande valore, dolce nel sapore, presenta un grappolo non molto compatto rendendolo anche ottimale per la produzione biologica dove l'uso di prodotti di copertura rende più problematico la gestione di vitigni caratterizzati da grappoli molto serrati e compatti e da una certa sensibilità agli attacchi fungini.
Vitigno di medio vigore, con internodi corti e grmogliamento e fioritura tardiva. Foglia con pagina superiore liscia di colore verde scuro e pagina inferiore glabra, grappolo medio forma piramidale, acini medi con buccia pruinosa e spessa.
Segno caratteristico di questa varietà è un puntino nero, molto evidente nell'obellico dell'acino (da cui il termine "puntinata"). Polpa poco succosa e quindi di scarso rendimento in mosto, matura in terza epoca e preferisce potature medie.

Caratteristiche medie del grappolo:
· peso del grappolo gr.310
· percentuale dei raspi 2,24 %
· percentuale degli acini 97,76
· peso di 100 acini gr.253


Trebbiano giallo

È il vitigno bianco classico della zona dei Castelli Romani, cioè il più diffuso ed utilizzato come base per i vini bianchi. Questo vitigno è conosciuto anche con altri sinonimi quali: "Greco" nella zona di Velletri, Cori, Zagarolo; "Trebbiano dei Castelli" nella zona di Nettuno e ancora "Greco giallo" o "Rossetto".
Portamento vigoroso con internodi punteggiati da macchie nerastre; foglie medie, a forma tondeggiante e pagina superiore di colore verde scuro, rugosa e pagina inferiore biancastra.
Grappoli serrati, con acini piuttosto piccoli, rotondi con buccia spessa che a maturazione si colora di un bel giallo dorato; matura in terza epoca.
Vitigno che presenta una buona resistenza all'oidio e alla peronospora, esige una potatura lunga poiché le gemme fruttifere si trovano in zona centrale del tralcio.

Caratteristiche medie del grappolo:
· peso gr. 273
· percentuale dei raspi 3,33%
· percentuale degli acini 96,67%
· peso medio di 100 acini gr. 2120

Trebbiano verde

È un vitigno molto simile al Verdicchio di Jesi e di Matelica nelle Marche, molto diffuso nei Colli laziali nel 1800 dove entrava nelle composizioni varietali dei vini almeno per un 7-8%.
Meno vigoroso del Trebbiano giallo, presenta internodi corti, foglie a forma quinquelobata, in autunno si colorano in giallo verdastro.
Grappolo piuttosto piramidale, mediamente spargolo, con acini piccoli, sferici con buccia sottile e di colore giallo verdastro, poco pruinosi. Matura in terza epoca, vitigno abbastanza sensibile all'oidio, predilige una potatura a tralcio lungo.
Meno produttivo del Trebbiano giallo se vinificato in bianco da vini finissimi di color verdoligno molto caratteristico.
Con l'uva di questo vitigno di può produrre un vino da pasto di qualità elevata, di color paglierino tenue tendente al verdolino e gradevolmente amarognolo.
Sicuramente da considerare un vitigno importante per la viticoltura dei Castelli Romani in quanto in grado di fornire caratteristiche che vanno nella direzione di qualificare e tipicizzare le produzioni enologiche dei Castelli Romani.

Caratteristiche medie del grappolo:
· peso del grappolo gr 242
· percentuale dei raspi 3,66 %
· peso degli acini 96,34 %
· peso di 100 acini gr 152



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Nuova disciplina delle denominazioni d'origine dei vini
Legge 10 febbraio 1992, n° 164


V.Q.P.R.D.
I "Vini di qualità prodotti in regioni determinate" in Italia si suddividono in vini tutelati da:


· D.O.C.
"Denominazione d'origine controllata" è la denominazione geografica di un vino di qualità e rinomato le cui caratteristiche sono connesse con l'ambiente naturale ed i fattori umani di uno stesso territorio, e si ottengono secondo le condizioni ed i requisiti stabiliti da un "disciplinare". Il contenuto del disciplinare è sintetizzato nelle schede poste alla fine dell'illustrazione di ogni D.O.C..
La produzione delle D.O.C. è controllata quantitativamente con procedure amministrative e qualitativamente sia con esami chimico-fisici che con prove organolettiche che annualmente ammettono od inibiscono il vino ad utilizzare la propria D.O.C.
· D.O.C.G.
"Denominazione d'origine controllata e garantita": oltre a quanto prescritto per la D.O.C., sono vendute soltanto in bottiglia munite di sigillo di garanzia e controllate partita per partita nella fase dell'imbottigliamento.
· I.G.T.
"Indicazione geografica tipica", si riferisce al nome geografico di una zona utilizzato per designare il prodotto che ne deriva.
Equivale ai "Vin de pays" in lingua francese ed ai "Lander Weine" in tedesco.
Le I.G.T. sono dotate anche esse di un "disciplinare di produzione" e sono sottoposte ai soli controlli amministrativi, mentre quelli qualitativi non hanno carattere specifico.


Opzione vendemmiale
È consentita la coesistenza in una stessa area di produzione di più vini a denominazione d'origine - D.O.C. - D.O.C.G. - I.G.T. - a condizione che, a cura del produttore, ogni anno venga operata la "scelta vendemmiale".
Rispetto alla precedente legge sulla tutela delle denominazioni d'origine dei vini, il D.P.R. 12 luglio 1963, n° 930, questa è una delle disposizioni più importanti per quanto interessa la presente trattazione.
Il funzionamento e le motivazioni di tale disposizione sono stati illustrati nella trattazione della D.O.C. "Castelli Romani".

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