Sia Columella che Plinio nelle loro opere descrivono le piante che non dovevano mancare nell’ orto, in quanto utili per la tavola, per la farmacia di casa, per i riti domestici. Sulla tavola degli antichi comparivano i cavoli, le lattughe, la rucola, la cicoria, i cardi, il crescione, il coriandolo, il cerfoglio, l’ aneto, le carote, il sedano, l’ aglio, le cipolle, il papavero, l’agretto, la ruta, la bietola, il porro, le rape, i navoni, l’origano, la santoreggia, l’ indivia, il basilico, gli asparagi, la menta, la zucca, i cocomeri, i cetrioli, il rafano, la malva per citare quelle a noi quelle più familiari Giardiniera.
Preparati l’aceto e la salamoia nel periodo dell’equinozio di primavera, bisognerà raccogliere e conservare le erbe: come cime e cavoli, capperi, steli di sedano, ruta, fiori di macerone con il loro stelo avanti che escano dalla capsula, e ancora piantine di ferula appena appena spuntate e tenerissime col loro stelo, fiori appena in boccio di pastinaca selvatica o coltivata col loro stelo, di vitalba, di asparago, di pungitopo, di tamno, di digitale, di puleggio, di nipitella, di ramolaccio, di battide col suo stelo: questo viene anche chiamato piede di nibbio; e ancora teneri steli di finocchio. Tutte queste erbe si conservano molto bene con un solo tipo di conditura, cioè con due parti di aceto e una di salamoia forte mescolate insieme ( Col. XII, 7).
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